L’intervista a Enrico Crosato
di Umberto Cesarotto
Buongiorno capitano! Dopo un inizio di campionato splendido, con quattro vittorie sono arrivate due sconfitte. Cosa è successo? Stanchezza? Assenze per infortuni? Le ultime squadre erano troppo forti?
Io credo sia stato un mix tra un peccato di presunzione e un rilassamento. Dopo la quarta giornata avevo espresso ottime parole per la squadra, stavamo giocando e difendendo davvero bene. C’era la continuità che cercavamo col girone di ritorno dell’anno scorso. Poi con due squadre che, non me ne vogliano male, erano ampiamente alla nostra portata ci siamo lasciati scappare una, forse anche due, vittorie che avremmo potuto tranquillamente portare a casa. Non credo sia il caso di cercare alibi di stanchezza alla quinta giornata né di infortuni vari. Stefan (Stojkov ndr) è fuori da inizio stagione per cui quando rientrerà sarà un valore aggiunto, a Vicenza mancava Gabriele (Salvato ndr) ma secondo me non ci sono alibi. Abbiamo avuto la presunzione di pensare che fosse tutto semplice e abbiamo condito il tutto con un bel po’ di relax. Dobbiamo tornare ad essere la squadra delle prime quattro giornate.
Domenica cosa si dovrà fare? C’è Bergamo, un avversario coi controfiocchi…
Bisogna svoltare difensivamente. Fondamentalmente il nostro attacco non ha avuto grossi problemi, il problema è la difesa. L’ho elogiata non più di tre settimane fa e ora devo dire il contrario. Contro San Vendemiano abbiamo permesso un recupero di venti punti di distacco, a Vicenza abbiamo regalato i primi due quarti disattendendo tutte le indicazioni del nostro piano partita. Se ci siamo detti, ad esempio, quel tal giocatore lo dobbiamo mandare a sinistra e invece va dove vuole lui, se ci siamo detti quel passaggio non lo dobbiamo permettere e lo permettiamo, a livello di serie B queste cose si pagano. Infatti si è visto; siamo stati costretti a ricorrere per due quarti Vicenza, ad esempio. Dobbiamo svoltare proprio lì, nella mentalità difensiva.
Sei un capitano che la sua presenza la fa sentire. Cosa vuol dire essere il capitano della Virtus?
Per me è prima di tutto un onore. Quando me lo dissero avevo la pelle d’oca. È un onore perché alla Virtus sono sempre stato legato, inoltre succedo a un grande come Leo Busca. Raccogliere l’eredità di una personalità di quello spessore… beh, c’è da spaventarsi, ma lo ripeto è un grande onore. Per me essere il capitano della Virtus è qualcosa di fantastico, cerco sempre di essere il miglior capitano possibile, fino all’anno scorso non era il caso che dicessi o facessi determinate cose, ora come capitano ho delle responsabilità e un esempio da dare. Devo pensare un po’ di più al bene della squadra e tenerla su nei momenti di difficoltà, esattamente come devo tenerla coi piedi per terra nei momenti di esaltazione eccessiva. Avere questa carica per me è qualcosa di eccezionale
Questa settimana tu e i tuoi compagni di squadra avete fatto visita ai bambini del minibasket. È stato molto bello vedervi là, sul campo; uno potrebbe pensare che quelli della serie B siano chissà quali forme ultraterrene e invece eccovi là, a giocare coi bambini. Come è stata come esperienza?
Sicuramente è stata una bella esperienza, sicuramente. Ho avuto modo in passato di giocare in società che non avevano un settore giovanile. Giocavi per te stesso o per i tuoi compagni, ti voltavi in tribuna e vedevi i soliti personaggi o qualche spettatore occasionale. Invece in una società con un settore giovanile grande come la Virtus e ti rendi conto che attorno c’è tutto questo fermento, questo enorme movimento, già lì scatta una molla in più. Quando ci è stato chiesto di coinvolgerci, per con coinvolgere i bambini del settore giovanile è stato fighissimo. Non vogliamo e non dobbiamo far pensare che quelli della prima squadra, siccome sono in serie B siano su un piedistallo da guardare a venti metri di distanza. Passare del tempo coi ragazzini sicuramente ci aiuta in questo senso e aiuta i piccoli ad avere un obbiettivo, un fine. Questo crea il feeling giusto che ci deve essere sempre in una società con un così importante settore giovanile del genere. Tra l’altro in questi anni la Virtus ha dimostrato che dei buoni giocatori in prima squadra li sa portare, quindi è inevitabile partire dalle basi, dai ragazzi, creando la giusta sinergia con la prima squadra.
La tua carriera è ormai consolidata, hai subito un bruttissimo infortunio e ti sei ripreso. Ora sei diventato il capitano della Virtus, un modello per i giovani giocatori. Che consiglio ti senti di dargli?
Sono arrivato a questo punto con l’idea che dovevo divertirmi, ricordo che fino alle medie giocavo senza nessuna pressione, neanche da parte della famiglia che anzi mi ha sempre supportato e mi è stata vicina. A un certo punto, quando vedi che inizi ad appassionarti, devi metterci del tuo. Guardando un po’ i ragazzi oggi, vedo che tanti vorrebbero arrivare, ma arrivarci per la strada più semplice e più breve. Non è così scontato perché o nasci con un raro, incredibile talento e arrivi dove vuoi, oppure ci devi mettere del tuo. Se si vuole emergere ci si deve mettere l’anima e metterci del suo. Nessuno regala niente, nessuno da nulla per scontato, devi metterci tanto sacrificio. Adesso i giovani hanno il telefonino, i giochini e tutte quelle cose che non riesco a sopportare, poi quando non giocano vengono anche a chiederti il perché oppure tirano indietro. Chi vuole fare strada deve metterci l’anima, deve crederci e investire su se stesso. Non si può pensare di arrivare da qualche parte svolgendo solo il compitino settimanale in un’ora e mezza di palestra, se vuole qualcosa deve metterci il massimo impegno. Tante volte questo atteggiamento non si vede e si è un po’ perso. Una volta uno era abituato a sgobbare parecchio prima di poter chiedere qualcosa e il più delle volte si ottenevano più cazziatoni che elogi. Forse si dovrebbe tornare a quei tempi lì, ma penso sia un po’ anacronistico fare qualcosa del genere oggi, ora bisogna sempre dire “sì, bravo bravo”, ma forse ogni tanto qualche bel cazziatone non farebbe male. Però la mentalità giusta è questa ed è questo che cerco di trasmettere anche ai nostri ragazzi, hanno una grande occasione, hanno una serie B fuori casa e devono abbracciare questa occasione in ogni modo e non c’è scusa che tenga. Se quando gli dici qualcosa del genere sbuffano, forse vuol dire che la strada è un’altra.
Vuoi fare un appello ai tifosi in vista di domenica?
L’appello parte da un ringraziamento, perché ci sono sempre stati vicini, quale che fosse il risultato. Per questo un appello non può che partire da un ringraziamento. Detto questo, spero che domenica, giochiamo a Rubano, che non sarà grande come la Kioene Arena ma rappresenta comunque la nostra casa, gli spalti siano pieni, per provare a rivivere le sensazioni che negli ultimi anni hanno provato in quel teatro di grandi vittorie. L’avversario è di tutto rispetto, perché non provare a portare a casa un grande successo?
Grazie capitano.
Grazie a te!