Ma cos’è questa crisi? cantava il Quartetto Cetra, sul simpgatico motivetto scritto da Rodofo De Angelis nel 1933. Negli ultimi anni, per il movimento cestistico l’aspetto sportivo sembra passato in secondo piano: promozioni e retrocessioni sono decretate non soltanto dai risultati sul parquet ma, sempre più, a tavolino tra fallimenti, sparizioni e rinunce. Alla base, oltre a motivazioni economiche, il terrorismo della finanza. Questa, almeno sotto traccia (specificando che i controlli dalle società sportive sono passati direttamente sulle aziende-sponsor), l’accusa dei dirigenti locali. Perché, spiace constatarlo e nonostante il nostro movimento resti florido quanto ad iscritti (Padova è ai primi posti nazionali, dietro metropoli quali Roma e Milano), la crisi ha raggiunto la nostra provincia.
PRIME AVVISAGLIE
Quest’estate, le prime avvisaglie si sono avute quando la Guerriero Unione Basket Padova, seconda realtà cittadina che vanta lo stesso sponsor nominale da cinque anni, ha annunciato di voler disputare la serie C Gold con gli Under 18 (un allarme poi rientrato). Il seguito è stato ancora più amaro: l’Albignasego, veterana padovana di C Silver dove tre stagioni fa era arrivata in finale, ha rinunciato ad iscriversi. Così come, in serie B Femminile, non si è iscritta la Pf Cadelfa costola rosa dell’Ubp (due estati fa, analoga scelta è stata fatta dal Thermal). Le rinunce stanno raggiungendo la base del movimento. Costringendo, infatti, la stessa Fip regionale a riaprire i termini di iscrizione: nella stagione 2018-19, la C Silver sarà a 15 squadre (rispetto alle 16 previste, e nonostante i ripescaggi di Limena, Cittadella e Istrana); la serie D a 28 (rispetto alle 32); e la B Femminile a 14. «Della decina di sostenitori su cui ho potuto contare in questi anni chiariva il presidente dell’Albignasego Franco De Marchi – quattro hanno dimezzato il loro sostegno mentre altri si sono ritirati. In pratica, se in passato dei 40-42 mila euro che erano il budget stagionale prima del via ne potevo contare intorno al 70-80%, ne ho raccolti solo la metà. I costi di gestione continuano ad aumentare mentre gli sponsor, complici controlli sempre più asfissianti, si tirano indietro».
SPESE IN SALITA
«Gli ultimi anni, sono aumentati i costi vivi precisa il dirigente di lunga data Ferdinando Mozzo, ora direttore sportivo della Guerriero (che ha un budget quasi doppio) -: per i parametri dei giocatori, una vera tassa, e per le palestre. Farei un appello all’Amministrazione: il basket, al contrario della pallavolo, non ha mai avuto un suo impianto cittadino e la nostra società non può utilizzare la palestra di Torre, fondamentale da punto di vista logistico. Non so come faccia la Virtus ad andare avanti». Chiamato in causa Gianfranco Bernardi, presidente della Virtus che nei giorni scorsi ha ritrovato in Antenore Energia un main-sponsor per la prima squadra cittadina in serie B (dopo l’anno senza, seguito alle 14 stagioni con il marchio Broetto), chiarisce: «Ogni stagione devi ripartire facendo affidamento sui soldi che avevi l’anno prima, ma è sempre più difficile! Nel nostro budget: 100 mila euro sono i costi della palestre e 40 mila vanno in parametri. Senza contare gli allenatori del settore giovanile, ne avevamo 40 fino a qualche anno fa, e la prima squadra che ha una struttura quasi professionistica: oltre ai giocatori e staff tecnico, ci sono dirigenti, accompagnatori, medico e massaggiatore. Al tempo dei cartellini si andava meglio: se chiudevi la stagione in rosso, infatti, bastava vendere un giocatore importante per pareggiare i conti». I parametri? «Vengono stabiliti da Roma spiega il vicepresidente Fip regionale Marcello Crosara -. Del resto, sono le stesse società che lavorano bene con il settore giovanile a volerli e che anzi chiedono di aumentarli. L’obiettivo è prodursi in casa i giocatori». Già, ma se poi le squadre si riducono sempre di più?
Giovanni Pellecchia