Domani (ore 15) i funerali a Bassano
Stavolta il “Parpa” ce l’ha combinata grossa. Ha voluto scomparire così all’improvviso, come una delle tante “sparate” che ne contraddistinguevano il carattere esuberante, anche se da tempo la sua salute vacillava.Paolo Parpajola, 80 anni, era uno dei grandi maestri del basket padovano e veneto. Si è spento a Bassano, dove era ricoverato nella casa di cura del centro storico, vicino a quella che da anni era diventata la sua casa, dopo il matrimonio con l’amata Franca. Allenatore benemerito, ha dedicato una vita intera all’insegnamento della pallacanestro a tutti i livelli: dalla prima squadra alle giovanili. Una carriera lunghissima quella del “Parpa” iniziata verso la metà degli anni Sessanta con gli allora Allievi della Virtus Padova. Fu il simbolo della società di via dei Tadi, cresciuta ai piedi del Duomo sotto la spinta innovatrice di don Alberico Alfonsi, portandola alla ribalta nazionale direttamente dalla Serie D. Nel 1976 conquistò la promozione in Serie B con la sorpresa ArdVirtus conducendo al trionfo un manipolo di giovani. Prima di allora, allenò i cugini del Petrarca e la squadra femminile del Cus Padova. Altre tappe significative del suo percorso furono Cadoneghe, Noventa, Cittadella (dalla C ai playoff di B/2), Dueville, Bassano, ancora Cittadella e Olimpia San Martino.Con l’aiuto di Toni Paperini, il suo allievo prediletto, pubblicò il manuale “Il basket di una vita”, in cui nel 2014 raccontò il suo basket fatto di esercizi e letture delle varie situazioni di gioco. «Per me è stato un maestro», afferma Paperini, «nel mio primo periodo da allenatore pendevo dalla sue labbra. Abbiamo lavorato 10 anni insieme alla Virtus. Avevamo instaurato un legame affettivo molto forte, tanto che continuavamo a sentirci con una certa costanza anche quando si trasferì a Bassano».In un manoscritto, lasciato in eredità a uno dei curatori del suo libro, si era auto-intervistato chiedendosi quali fossero stati i suoi maestri. «Ne ho avuto tanti», scriveva il “Parpa”, «da tutti ho imparato qualcosa, soprattutto da quattro in particolare: Nikolic, Zorzi, Bonali e Pizzichemi». Uomo volubile, non le mandava a dire quando si trattava di antipatie. Indimenticabile l’aneddoto di un clinic in cui ebbe l’ardire di contestare anche Mike D’Antoni. «La mia prima bella partita a 14 anni l’ho disputata con Parpajola», rammenta Riccardo Guolo, ex giocatore di Virtus e Cittadella, «fu una vittoria al supplementare al Tre Pini. Ma ricordo anche quando venne a vedermi a fine carriera con il Cittadella mettendosi a fare il tifo per me dagli spalti».I funerali verranno celebrati domani, ore 15, nella cappellina presente all’interno della casa di cura di Bassano. Arrivederci maestro.
Stavolta il “Parpa” ce l’ha combinata grossa. Ha voluto scomparire così all’improvviso, come una delle tante “sparate” che ne contraddistinguevano il carattere esuberante, anche se da tempo la sua salute vacillava.Paolo Parpajola, 80 anni, era uno dei grandi maestri del basket padovano e veneto. Si è spento a Bassano, dove era ricoverato nella casa di cura del centro storico, vicino a quella che da anni era diventata la sua casa, dopo il matrimonio con l’amata Franca. Allenatore benemerito, ha dedicato una vita intera all’insegnamento della pallacanestro a tutti i livelli: dalla prima squadra alle giovanili. Una carriera lunghissima quella del “Parpa” iniziata verso la metà degli anni Sessanta con gli allora Allievi della Virtus Padova. Fu il simbolo della società di via dei Tadi, cresciuta ai piedi del Duomo sotto la spinta innovatrice di don Alberico Alfonsi, portandola alla ribalta nazionale direttamente dalla Serie D. Nel 1976 conquistò la promozione in Serie B con la sorpresa ArdVirtus conducendo al trionfo un manipolo di giovani. Prima di allora, allenò i cugini del Petrarca e la squadra femminile del Cus Padova. Altre tappe significative del suo percorso furono Cadoneghe, Noventa, Cittadella (dalla C ai playoff di B/2), Dueville, Bassano, ancora Cittadella e Olimpia San Martino.Con l’aiuto di Toni Paperini, il suo allievo prediletto, pubblicò il manuale “Il basket di una vita”, in cui nel 2014 raccontò il suo basket fatto di esercizi e letture delle varie situazioni di gioco. «Per me è stato un maestro», afferma Paperini, «nel mio primo periodo da allenatore pendevo dalla sue labbra. Abbiamo lavorato 10 anni insieme alla Virtus. Avevamo instaurato un legame affettivo molto forte, tanto che continuavamo a sentirci con una certa costanza anche quando si trasferì a Bassano».In un manoscritto, lasciato in eredità a uno dei curatori del suo libro, si era auto-intervistato chiedendosi quali fossero stati i suoi maestri. «Ne ho avuto tanti», scriveva il “Parpa”, «da tutti ho imparato qualcosa, soprattutto da quattro in particolare: Nikolic, Zorzi, Bonali e Pizzichemi». Uomo volubile, non le mandava a dire quando si trattava di antipatie. Indimenticabile l’aneddoto di un clinic in cui ebbe l’ardire di contestare anche Mike D’Antoni. «La mia prima bella partita a 14 anni l’ho disputata con Parpajola», rammenta Riccardo Guolo, ex giocatore di Virtus e Cittadella, «fu una vittoria al supplementare al Tre Pini. Ma ricordo anche quando venne a vedermi a fine carriera con il Cittadella mettendosi a fare il tifo per me dagli spalti».I funerali verranno celebrati domani, ore 15, nella cappellina presente all’interno della casa di cura di Bassano. Arrivederci maestro.
Mattia Rossetto