Oggi ultimo giorno di scuola, per il professor Rubini inizia la stagione 2017/2018 che lo vedrà tornare ad allenare una prima squadra.
Ci sono voluti 4 anni per disintossicarsi dedicandosi con grande impegno alla crescita dei giovani.
Sono arrivato quattro anni fa con il desiderio di staccare i fili con le squadre senior e di tornare a lavorare con i giovani, lusingato da una progettualità che era già evidente per qualità e quantità dell’attività.
Il biglietto da visita della nuova esperienza è stato il saluto del presidente: “guarda che non voglio vincere le partite ma voglio formare tanti giocatori” e questa è stata sempre la nostra politica. Infatti credo che non abbiamo collezionato grandi vittorie ma abbiamo avuto tante soddisfazioni producendo dei buoni giocatori, certo per la serie A e la serie B oltre al lavoro ci vuole fortuna, però adesso possiamo vantarci di avere all’interno della nostra società dei giocatori di interesse nazionale.
Così la proposta di Caiolo che sembrava un sogno di mezza estate, è diventata realtà, abbiamo avuto la capacità di saper mettere sempre tutto in discussione senza che nessuno di noi si sentisse ferito nel proprio ego.
Accanto ai risultati tecnici devo dire è stato strepitoso l’aiuto che abbiamo ricevuto dalle famiglie che ci sono state al fianco dandoci un appoggio incredibile. Mai mi sono stati messi i bastoni tra le ruote, ho sempre ricevuto sostegno e aiuto, e particolare di non poco conto, mi sono fatto diversi nuovi amici e devo dire che questa è una delle peculiarità di questa società.
Dalle giovanili alla prima squadra il passo è breve.
L’attenzione ai campionati superiori c’è sempre stata anche perché per lavorare con i giovani bisogna capire le esigenze dei piani alti. Inoltre non mi sono mai sentito di escludere un mio ritorno all’attività senior perché avevo il desiderio di rientrare in serie B dopo esserci uscito male nella mia ultima disgraziata apparizione con la Triveneta. Mi sono dimesso a causa dei problemi di vedute con la squadra. Il clima era pesante per problemi finanziari e io che ero al quinto anno sulla stessa panchina non riuscivo più a toccare le carte giuste per riuscire a lottare anche contro i mulini a vento. Voglio sanare questa situazione togliendomi qualche sassolino dalle scarpe.
Cosa ti aspetta in questo ritorno tra i senior?
La serie B è cambiata molto, B1 e B2 sono state unite in un unica categoria e questo ha incentivato un professionismo molto spinto che spesso non è unito alla giusta professionalità. È salito l’agonismo ed è scesa la tecnica. A cascata dalla serie A anche qui il fattore fisico incide moltissimo, troppo spesso la fisicità ha il sopravvento e non c’è più spazio per le interpretazioni tecniche che una volta erano il sale del gioco.
Inoltre per l’ennesima volta le regole sono cambiate.
Quest’anno avrà un grande impatto la regola becera degli Under, messa a tutela di cosa non è chiaro! I limiti non tutelano la formazione ma creano solo distrazioni di mercato. Inoltre grazie a questo obbligo i giovani più titolati rischiano di andare a rafforzare le società più ricche e ambiziose dove giocoforza avranno meno spazio. Per regolamento ogni squadra dovrà avere almeno 3 Under, ma veramente pensiamo che il movimento italiano sia in grado di sfornare 192 giocatori sotto i vent’anni capaci di stare in campo in serie B?
Che tipo di squadra hai intenzione di costruire?
Mi sono sempre adattato ai giocatori che le società mi hanno messo a disposizione ma vado d’accordo solo con i giocatori che non lasciano mai nulla di intentato. Se non hai la serata giusta devi batterti per trovare altre soluzioni e per riuscirci devi allenarti sempre con la massima intensità, devi avere senso di identità e di appartenenza: se uno crede di venire a giocare in Virtus senza essere il primo tifoso della sua squadra è meglio che cerchi altre sistemazioni, non può essere un nostro giocatore.
Tecnicamente quali sono gli aspetti del gioco che preferisci sviluppare?
Le mie squadre hanno sempre vissuto di toni accesi in fase difensiva e la mia intenzione è quella di riproporre questo marchio di fabbrica, l’unico in grado di valorizzare il singolo.
La squadra deve porsi sempre in maniera propositiva, dobbiamo attaccare anche in difesa, non aspetteremo mai le mosse dell’avversario. Per questo chiedo grande disponibilità da parte di tutti i giocatori, è troppo sottile la linea di demarcazione tra successo e insuccesso per poterci permettere un approccio alle partite diverso da questo. Inoltre nella storia della Virtus le squadre sono state esempio di questo spirito, manifestazione dell’orgoglio e non mi riferisco solo dagli ultimi anni, ricordo ancora i tempi di Bardini e ancor prima, il pride è il marchio di questa società e voglio che quest’anno lo sia ancor di più.
Con quali obiettivi ci stiamo muovendo per strutturare la squadra?
Stiamo cercando gli aggiustamenti della rosa sulla base di partenze e arrivi che sono fisiologici, andremo in cerca di uomini che dichiarino apertamente di far propria la nostra filosofia. È importante che i giocatori sappiano dove stanno andando, dobbiamo condividere da subito il progetto e così una parte importante del lavoro sarà già svolta.
Con un occhio particolare ai giovani?
Guardiamo prima di tutto a quello che abbiamo in casa perché il nostro settore giovanile esprime molte potenzialità, il nostro compito è quello di capire se si tratta di giovani pronti per la serie B oppure se sia meglio per loro continuare la crescita giocando in categorie minori, scelta che è già risultata vincente nel caso di Matteo Ferrara. Dietro di lui abbiamo altri prospetti che potranno affacciarsi a breve alla prima squadra.
Cosa ti aspetti da questa stagione?
Vediamo come saranno composti i gironi, di sicuro lo scorso anno siamo stati sfavoriti dal fatto che la federazione ha concentrato le squadre migliori del centro-nord nel nostro girone creando una situazione difficile che ha avuto solo parziale risoluzione con i play-off e l’introduzione degli incroci tra girone A, che infatti non ha qualificato nessuno per le finali, e girone B che ha portato Orzinuovi e Bergamo alla final four di Montecatini. Purtroppo però questo ha sfavorito la nostra squadra che in qualsiasi altro girone non avrebbe avuto alcun problema a giocare i play-off mancati invece per un soffio,
Proprio ieri la Reyer ha perso gara 1 con Trento, una sfida che ti riporta al passato.
Si, era il 2006 e quella serie di finale play-off della serie B la ricordo con grandissimo piacere. Fu una sfida particolare, Trento, già allenata da Maurizio (Buscaglia – n.d.r.) aveva un progetto ambizioso e stava percorrendo strade di spiccato professionismo. Noi invece alla Reyer avevamo ancora l’immagine romantica, ma rivelatasi vincente, di chi arriva in palestra con la borsa direttamente dal posto di lavoro. Quello che ricordo con maggior piacere sono il grandissimo spirito di gruppo e senso di appartenenza che ci hanno permesso di ribaltare una serie che all’inizio si era messa veramente male. Si tratta delle stesse caratteristiche che dovremo creare quest’anno con l’aiuto dello staff, della società e dei supporter.
A proposito, devo andare, questa sera sono a cena con gli “Irriducibili”.