di Umberto Cesarotto
Buongiorno Claudio! Siamo in un momento particolare del calendario, tra due derby. Uno è già andato, qualche riflessione? Cosa è andato storto?
È successo che siamo partiti abbastanza forte, decisi, il risultato era dalla nostra parte. Poi purtroppo abbiamo iniziato a giocare con superficialità, lasciando troppo liberi gli avversari, che hanno preso coraggio. Le loro percentuali si sono alzate via via fino a quando all’ultimo secondo quella tripla è entrata e abbiamo perso la partita. Senza nulla togliere ai meriti degli avversari, è stata colpa nostra; un atteggiamento sbagliato e un calo di concentrazione
Invece domenica prossima c’è Vicenza. Tu hai giocato lì, conosci l’ambiente, che partita sarà?
Si, anche se molti giocatori sono cambiati, conosco bene l’ambiente e so che sarà una partita piuttosto dura, anche solo per il fatto che un derby è sempre una partita a sé. Sarà una battaglia che dobbiamo portare assolutamente a casa.
In un’intervista del basket Vicenza 2012 dell’anno scorso, dopo una partita persa nonostante un’ottima prestazione personale, hai dichiarato “io non valuto poco le mie personali prestazioni, vedo che abbiamo perso di 2. Avrei potuto fare un canestro in più, prendere un rimbalzo in più, fare una difesa migliore. Non mi accontento mai, voglio vincere”. Questa dichiarazione programmatica è sempre valida?
Certo che è ancora così. Giusto l’altra sera abbiamo rivisto la partita di domenica e devo dire che quei concetti sono quantomai attuali. Io e, sono sicuro, tutti i miei compagni di squadra siamo arrabbiati per come abbiamo giocato, come detto sarebbe bastata una difesa in più, un contropiede in più, un rimbalzo in attacco in meno concesso, una disattenzione in meno o una qualsiasi piccola sciocchezza per farci vincere la gara nonostante i molti errori commessi che magari sono saltati all’occhio più a noi che conoscevamo il piano partita al quale non ci samo attenuti. Insomma sono i dettagli che fanno la differenza e questo dovrà essere il nostro marchio di fabbrica d’ora in poi. Dobbiamo essere precisi.
Questa ottica di miglioramento continuo e di attenzione ai dettagli la ritrovi anche nei giovani? pensi di che la si possa trasmettere?
Penso che la si possa e la si debba trasmettere. Anche perché mi sembra che col passare degli anni si guardi sempre meno al dettaglio e si giochi con sempre maggiore superficialità. Mi capita a volte di vedere dei ragazzini allenarsi senza tanta voglia ed entusiasmo e io dico: allenamento due ore lo devi fare perché hai deciso di farlo, tanto vale farlo al massimo perché comunque ti può portare a un miglioramento, farlo al 50% non ha assolutamente nessun senso. Anche noi che siamo grandi e abbiamo esperienza nel nostro ambito dobbiamo essere costanti e allenarci al 100%, puntando alla perfezione anche nei dettagli, per essere un esempio per i giovani e per vincere nel nostro campionato. Se solo fossimo stati un po’ più precisi domenica ora staremmo parlando di 5 vittorie su 5 partite e invece parliamo di un 4-1, che per carità, non è male, ma fa tutto un altro effetto.
Sei arrivato alla Virtus solo quest’anno, come ti stai trovando? Sei soddisfatto della società?
La società è stata una delle cose che mi ha convinto a venire a giocare qui, anzi direi la cosa più importante. Perché avere una società così organizzata, che ci tiene, un ambiente così positivo con un presidente tifoso, sempre disponibile e disposto ad ascoltare i suoi ragazzi come fossero figli suoi, è un clima che non si ritrova molto spesso nelle società di pallacanestro. Essere parte della Virtus è un motivo di orgoglio e questo secondo me si vede anche in campo. Nei momenti di difficoltà, se la società fosse assente, i giocatori potrebbero mollare un po’, avere un momento di sconforto e invece avere una società molto presente, un allenatore così dietro alle spalle ti dà sempre una motivazione in più e quel sentirti sempre in famiglia che io ho impiegato veramente poco a sentire, è stato fantastico. A me la Virtus piace davvero tantissimo