Dagnello abbraccia l’Antenote Energia Padova: «Non sono un bad boy, arrivo affamato di vittorie»
Un mulo triestino all’ombra del Santo. Dalla città che ha ispirato le penne di scrittori come James Joyce, Umberto Saba e Italo Svevo arriva all’Antenore Energia Virtus Padova un ragazzo, “mulo” nel dialetto triestino, che le scritte se le porta vistosamente sulla pelle con i suoi tatuaggi.
Andrea Dagnello, arrivi all’Antenore Energia come giocatore di assoluto vertice in Serie B. Sei reduce da tre stagioni in cui hai raggiunto due finali e una semifinale playoff: diciamo che quello che non ti può mancare è certamente la fame.
«Assolutamente, vengo da tre anni in cui sono arrivato in finale con Omegna, in semifinale con Crema e un mese fa di nuovo in finale con Cesena. Dentro di me c’è molta fame e voglia di riscatto, e visti i sacrifici fatti sarebbe anche ora di iniziare a togliersi anche qualche soddisfazione e Padova può essere la piazza giusta. Il girone si dice che sarà Lombardia più Triveneto esono convinto che noi potremo dire seriamente la nostra».
Perché hai scelto Padova? Cosa ti ha convinto maggiormente del progetto?
«Mi ha convinto il fatto che sono stato molto corteggiato da coach Rubini e dal direttore sportivo Rugo, mi hanno voluto convintamente e mi hanno parlato chiaramente del progetto del prossimo anno. Le conferme di Piazza, Ferrari, De Nicolao e Schiavon poi sono la dimostrazione che questo progetto è ambizioso: a Padova l’anno scorso ho visto un bell’ambiente e una bella pallacanestro, e non a caso la passata stagione a Cesena per tanto tempo Virtus è stata appaiata a noi al primo posto in classifica venendo eliminata solo ai playoff. Qui ora nessuno si vuole porre dei limiti e si punta a migliorarsi per ottenere qualcosa di importante. In più ho voluto andare in una squadra che avesse già dei meccanismi rodati e tra le società che mi hanno cercato Virtus era quella che aveva le idee più chiare su di me».
In Virtus con Piazza e Ferrari troverai già una discreta enclave friulano-giuliana, anche se Piazza ci ha raccontato del campanilismo che c’è dentro alla regione. Inoltre si dice che voi muli triestini abbiate la scorza bella dura
«Sì (ride, ndr), c’è un po’ di campanilismo tra giuliani e friulanima poi quando si veste la stessa maglia si va sempre tutti d’accordo. Sì noi triestini siamo belli duri, poi io sono un ragazzo che viene molto coinvolto dalla stagione sportiva a livello emotivo, c’è sempre passione in quello che faccio e vivo per le emozioni che mi dà la competizione. Sul campo da basket mi piace esaltarmi e esaltare il pubblico, spero di poter trasmettere il mio entusiasmo alla nostra gente».
Ho sentito poi che hai un paio di soprannomi, uno è Pisy e l’altro è Scaraboc.
«Sì Scaraboc mi è stato affibbiato a Cesena perché sono molto tatuato ma il vero soprannome che mi accompagna da quando ho 10 anni è Pisy, ormai neanche i miei genitori mi chiamano più Andrea».
Te hai molti tatuaggi e hai anche un pitbull: la classica immagine del bad boy.
«Sì nel corso della carriera mi hanno chiamato “galeotto” o “avanzo di galera” proprio per questa mia apparenza da cattivo, ma poi in realtà sono un ragazzo tranquillissimo. Il mio pitbull in realtà dentro è come un barboncino e ci siamo proprio trovati come carattere: all’apparenza cattivi ma in realtà siamo dei pezzi di pane tutti e due».
Parlami infine del tuo basket e di come ti piace stare in campo. Ti descrivono come un giocatore molto completo tra difesa e attacco.
«Sì, ma in realtà solo nell’ultimo anno mi sono specializzato nella fase difensiva. Gli anni prima no, mi piaceva solo attaccare, poi maturando ho capito che un bravo giocatore si mette in ritmo anche sacrificandosi in difesa. A me comunque piace definirmi un giocatore di sistema, non sono un giocoliere che parte e gioca da solo uno contro cinque, mi piace giocare con i compagni e all’interno di in un sistema che funzioni concludendo poi l’azione o con il tiro da tre o attaccando il ferro».
Quindi benvenuto Pisy! Benvenuto Mulo!